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Rione Torretta |
Il "quartiere a luci rosse" di contrada Messine
In epoca medievale la prostituzione era vista
come un comportamento moralmente riprovevole ma necessario per prevenire
peggiori disordini di tipo sociale ed etico. Il suo esercizio, benché
ritenuto perfettamente lecito, era rigidamente regolamentato dalle norme
statutarie del Comune; ad Asti, ad esempio, le meretrici non potevano
aggirarsi per vie della città in cerca di clienti dal sorgere del sole
fino al tramonto, né sfoggiare ornamenti d’oro e d’argento, gioielli o
perle, né tantomeno indossare abiti di seta o pellicce. La professione
doveva essere svolta solo in luoghi stabiliti e controllati dal “Podestà
delle Meretrici”, ambiguo personaggio incaricato dalla pubblica
amministrazione di controllare l'imbarazzante commercio e al tempo stesso
suo avido appaltatore e sfruttatore.
Per mettere un freno al dilagare degli illeciti nel 1469 il Comune di
Asti decise di concentrare tutti i postriboli cittadini in un unico luogo
delimitato e controllato; furono pertanto scelte alcune case contigue nella
contrada di Messine, che diventò così un vero "quartiere a luci rosse". Le
case prescelte prospettavano sull'attuale piazza Astesano, dove sorgevano
chiesa e convento dei frati Agostiniani Eremitani sotto il titolo delle
Grazie; i religiosi si opposero con forza a tale decisione, denunciandola
come scandalosa e blasfema.
Nel maggio 1469 i "potentissimi senatori" del Comune di Asti ricevettero una
lettera da parte del Vicario Provinciale dell'Ordine Agostiniano, che
criticava aspramente la decisione di trasferire i postriboli davanti al
convento degli Eremitani e chiedeva con fermezza di scegliere altri luoghi,
per non turbare la coscienza dei fraticelli e dei fedeli.
La protesta fu inutile e le case di contrada Messine divennero sede stabile
delle meretrici, che a lungo vi esercitarono liberamente la professione a
stretto contatto con i frati.