Up CorteoStorico Prev Next Slideshow

Rione Don Bosco Download

 Immagine precedente  Immagine successiva  Pagina indice
IMG_9226.jpg - Rione Don Bosco
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Aiuto

    Don Bosco

Nove prodi per l'immaginario medievale

La cultura cortese-cavalleresca dell’Europa tardo-medievale celebrò in modo emblematico l’insieme dei suoi ideali e dei suoi valori attraverso le figure di eroi antichi e molto popolari che li incarnavano e li personificavano. Il gruppo dei personaggi individuati per simboleggiare le diverse virtù del perfetto cavaliere apparve per la prima volta nella chanson de geste Les Voeux du paon, scritta nel 1312 da Jacques de Longuyon ispirandosi alla Leggenda Aurea di Jacopo da Varagine. In coerenza con i principi di simmetria caratteristici della mentalità dell’epoca, i personaggi, reali o immaginari,  furono raggruppati in tre triadi. La prima, ispirata all’antichità biblica e giudaica, era composta da Giosuè, Giuda Maccabeo e re Davide; la seconda, riferita al mondo pagano della classicità, da Alessandro Magno, Ettore di Troia e Giulio Cesare; la terza, infine, richiamava i fasti della cristianità con re Artù, Carlo Magno e Goffredo di Buglione. Ognuno di questi valorosi, in modo diverso, si era distinto per capacità militari, saggezza, benevolenza e illuminata regalità. E per ognuno degli Eroi fu inventato un blasone araldico, per dimostrarne l’appartenenza al mondo aristocratico. Il ciclo “dei Nove Prodi”, adottato con entusiasmo dalla letteratura cortese (come nel caso di Le chevalier errant scritto a fine Trecento da Tommaso di Saluzzo), ebbe un successo straordinario nelle arti figurative del Gotico internazionale: dai codici miniati agli arazzi, dagli affreschi nei saloni dei palazzi alle facciate degli edifici, tutto l’Occidente celebrò i propri miti ideologici nelle figure ieratiche e solenni degli antichi eroi. E se oggi sono giustamente celebri gli affreschi dei Nove Prodi nel castello della Manta presso Saluzzo, è bene ricordare un ciclo analogo esistente in Asti fino al 1782 sulla facciata del palazzo oggi detto “del Corpo di Guardia”. Oggi definitivamente perduto, fu descritto dal cronista Stefano Incisa come composto da “diverse figure colossali d’eroi con le loro armi gentilizie, entro grandi ornati d’architettura”.