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    San Marzanotto

L’abbigliamento femminile come indicatore  della ricchezza dell’ aristocrazia finanziaria astigiana.


I membri delle grandi famiglie magnatizie astigiane già nel corso del XIII secolo potevano vivere “more nobilium” grazie agli ingenti capitali (“multam pecuniam”) accumulati in patria e all’estero con l’attività feneratizia. Questo stile di vita comportava una degna dimora, una casaforte in città e un castello nel contado, disponibilità di cani e cavalli, servitori e ancelle abbigliati con la livrea del padrone, adozione di un blasone, sfoggio di oggetti e vestiti nei complessi cerimoniali richiesti dal rango nelle manifestazioni della vita pubblica, generosa ospitalità.
Ghibellina o guelfa che fosse, l’élite astigiana si caratterizzò per lo stile di vita cavalleresco cortese con cui aveva acquisito familiarità frequentando l’aristocrazia europea, della quale gli uomini d’affari astigiani erano abituali finanziatori. Rappresentanti illustri di questa élite furono gli Asinari e i Roero, in tempi diversi signori di Belangero.
Nel quadro che Ogerio Alfieri tratteggia attorno agli anni Novanta del XIII secolo, tra gli indicatori sociali della ricchezza delle famiglie astigiane appare quello dall’abbigliamento delle dame: “la città di Asti è ornata da bellissime dame ricche, fregiate di ornamenti d’oro ed argento e di vesti sontuose: le loro collane d’oro e di argento sono tempestate di perle e di pietre preziose”.
Pochi anni dopo, Guglielmo Ventura amplifica questo catalogo di indicatori della ricchezza familiare e, ancora una volta, sono le donne a testimoniare il rango delle famiglie dell’élite astigiana: “belle furono le loro mogli, di bisso e porpora erano i loro vestiti e le loro teste erano coperte di preziosi gioielli”. Sulla ricchezza degli abiti delle dame astigiane non mancano attestazioni documentarie coeve: cappe di panno fino di lana tinta con grani di “scarlato” foderate di vaio, giustacuore di panno fino di lana e di seta, gonne di seta, perle ed ambre.