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Origini della Cavalleria
La Cavalleria Italiana compie in questo scorcio di inizio secolo e millennio
quasi trecentoventi anni di vita, al servizio della collettività nazionale
concorrendo a formare prima e a difendere poi l'unità e l'indipendenza della
Patria e correlando, quindi, strettamente le sue vicende con la creazione
dello Stato Italiano.
Il primo nucleo della moderna cavalleria italiana sorge nell'antico ducato
sabaudo alla fine del Seicento, all'epoca lo stato preunitario politicamente
più attivo. Se si fotografa la situazione della nostra penisola si vede
subito che è suddivisa in numerosi staterelli in gran parte sotto dominio
straniero. Francia del re Sole e impero asburgico si scontrano soprattutto
in Italia per il predominio in Europa, perché il Bel paese accomuna alle
bellezze della natura e del clima una posizione geostrategica centrale che
costituisce ponte tra nord e sud, tra est ed ovest. Diviene perciò preda
ambita da molti, posta com'è,
al centro del Mediterraneo, fulcro delle principali civiltà. Ma dalla caduta
dell'impero romano tanti stranieri sono passati per il cosiddetto "giardino
di Europa", i cui abitanti sembrano aver perso il coraggio di battersi per
le proprie idealità e per i propri interessi. Non avendo la forza e la
volontà di portare le proprie armi sono costretti a subire quelle altrui.
Discorso incomprensibile per tanti pacifisti di ogni epoca. In questo
sfacelo solamente il ducato sabaudo tenta di opporsi (vaso di coccio tra
vasi di ferro) allo straniero attraverso una duplice azione: italianizzare
la cultura favorendo l'uso della lingua italiana in contrapposizione alla
diffusa usanza del francese e potenziare l'esercito attraverso la
costituzione dei reggimenti. Si formano per primi i reggimenti di dragoni,
tra il 1683 e il 1690, per capitolazione, attraverso cioè una convenzione
che il duca Vittorio Amedeo II stipula con personalità militari di rango ed
esperienza, nominate colonnelli, che vengono incaricati di "levare" e
comandare un reggimento. In tal modo il colonnello si assume la
responsabilità del reclutamento, addestramento ed amministrazione delle
varie compagnie, tratte da quelle già esistenti di archibugieri a cavallo,
ne nomina gli ufficiali e acquista i quadrupedi.
L'amministrazione ducale si occupa del soldo mensile alla truppa, della
fornitura delle armi e del periodico controllo dell'entità numerica del
reggimento. Nel 1692 si costituiscono, con un diverso sistema di
reclutamento, i primi reggimenti di cavalleria vera e propria. Gli ufficiali
provengono dalle disciolte compagnie di genti d'arme o sono nominati ex
novo. La truppa viene reclutata secondo modalità chegià rivelano una
notevole modernità: i comuni debbono fornire, secondo una quantità
prestabilita, uomini celibi, d'età compresa tra i 20 e i 45 anni, con
determinate caratteristiche fisiche, appartenenti a famiglie numerose, di
cui non devono essere capifamiglia. Il servizio ha obbligatoriamente la
durata di due anni.
In questo periodo la cavalleria non ha una uniforme vera e propria, tranne
le armature. Non è rimasta una documentazione attendibile della sua
tradizione uniformologica, caratterizzata, peraltro, da un copricapo a forma
di bicorno, nonché da una sciarpa azzurra, ancora oggi indossata dagli
ufficiali italiani.
I primi nuclei di associati sorgono nell'Italia Settentrionale, in
particolare a Torino e a Milano, nei primi anni del secolo. Nel 1921, anno
cui si può far risalire l'unificazione ufficiale dell'Associazione, detti
nuclei si infoltiscono con i reduci del primo conflitto mondiale e sorgono
gruppi e sezioni un po' ovunque in Italia, anche per ricordare i diciotto
reggimenti disciolti dalla dolorosa falcidia del 1918-20. Scopo
dell'Associazione era, quindi, quello di raccogliere, all'ombra dello
Stendardo Sociale, nel ricordo dei Colleghi Caduti, tutti coloro che avevano
servito nei gloriosi reggimenti dell'Arma, facendo appello ai sacrifici
compiuti insieme durante la guerra e riallacciandosi alle nobili tradizioni
della Cavalleria Italiana, affinché tale eredità spirituale non andasse
dispersa. Il 20 maggio 1922, in una memorabile cerimonia svoltasi a Milano,
l'Associazione riceve la sua solenne consacrazione col dono, offerto dai
dodici reggimenti superstiti dell'Arma e dalla Scuola di Cavalleria, dello
Stendardo Sociale, uguale a quello dei reggimenti combattenti, simbolo di
legittima, diretta discendenza e rappresentanza. Successivamente, attorno
allo Stendardo dell'Associazione, ormai nazionale, si raccolgono i cavalieri
di tutta Italia e nel 1924 la Presidenza Generale dell'Associazione viene
trasferita in Roma. Nel 1925 vengono assegnati con RR.LL.PP. stemma e motto
araldico: il primo incentrato sulla figura di S. Giorgio, che diviene
patrono dei cavalieri italiani con bolla papale del 1937; il secondo è
lapidariamente coniato dal bianco lanciere Gabriele D'Annunzio in "ut
velocius, ut vehementius". Nel 1934, auspice l'Associazione, viene ripresa
la pubblicazione dell'antica Rivista di Cavalleria (nata nel 1886), divenuta
organo ufficiale del sodalizio, anche se già edita dal 1922 come notiziario.
Nel 1938 un nuovo statuto cambia la denominazione dell'A.N.A.C. in
"Reggimento Cavalieri d'Italia" articolato in gruppi squadroni provinciali e
squadroni cittadini. Dopo la seconda guerra mondiale risorge come
Associazione Nazionale Arma diCavalleria, la cui Presidenza Nazionale ha
sede in Roma. Lo statuto sociale riporta gli scopi che l'A.N.A.C. si
prefigge: l'amore e la fedeltà alla Patria; il culto delle glorie dell'Arma
e dei Cavalieri Caduti nell'adempimento del dovere; il ricordo dei Cavalieri
scomparsi; l'esaltazione dello spirito e delle tradizioni del cavaliere,
espressione questa di un modo di vita e di un atteggiamento spirituale che
hanno per unicameta l'Italia; l'assistenza morale, e nei limiti del
possibile, materiale dei soci e dei loro familiari; l'aggiornamento dei soci
per quanto interessa l'attività dell'Arma; il collegamento con le Forze
Armate, mediante continuo, fraterno contatto, con unità ed enti dell'Arma.
IL CONTRIBUTO DELLA CAVALLERIA ALL'UNITA' D'ITALIA
L'Ottocento rappresenta il secolo d'oro della cavalleria e delle sue
tradizioni di romantica signorilità. Pur nell'avanzare progressivo del
macchinismo. continua ancora a prevalere quello stile di vita di cui il
cavaliere è il rappresentante più seducente. Gli stessi aspettiesteriori
dell'uniforme, che nella "belle époque" raggiungono il massimo splendore,
confermano un'apparenza che si traduce in sostanza al momento di salire in
sella e caricare il nemico. In questo clima inizia il risorgimento, durante
il quale con il parallelo diffondersi degli ideali liberali e
costituzionali, si concretizzano le ulteriori fasi della lotta per la
libertà dalla dominazione straniera e la conquista dell'unità nazionale. Per
effetto della restaurazione del 1814, ossia della restituzione, dopo la
caduta di Napoleone, del Piemonte al re di Sardegna, si ricostituiscono gli
antichi reggimenti sabaudi: due di dragoni, due di cavalleria, due di
cavalleggeri. Sette reggimenti, ognuno dei quali assume il nome di una
regione o provincia del regno, si ritrovano con la riforma del 1832, dopo
che, in seguito alla partecipazione di alcuni di essi ai moti liberali del
1821, si sono avuti alcuni scioglimenti e riordinamenti. In questo periodo
le uniformi e gli armamenti subiscono evoluzioni attraverso cui esprimono,
nella forma e nella sostanza le accentuate funzioni spirituali ed operative
della
cavalleria. Il copricapo, che è l'elemento più appariscente dell'uniforme,
subisce varie trasformazioni: sì passa da un iniziale caschetto di cuoio per
dragoni e cavalieri allo shako (1819) per i soli cavalleggeri. In seguito
tutti i reggimenti adottano un elmo di metallo, ricoperto con una fascia di
pelle d'orso, poi di foca, ispirato alle linee armoniche dell'elmo ellenico.
Nel 1843 la croce di Savoia in ferro lucido sostituisce il fregio dorato con
l'aquila di Savoia, così come la coccarda azzurra viene, nell'entrare in
guerra (1848), sostituita da quella tricolore. Sotto Carlo Alberto la
variazione più importante riguarda la giubba che da abito con falde
posteriori raccorciate passa alla foggia di tunica con doppia abbottonatura,
restando in uso fino al 1871.
Per quanto riguarda l'armamento nel 1814 è eterogeneo, di importazione
straniera, ma viene sostituito, subito dopo, da quello fabbricato in
Piemonte. Nel 1836 uno squadrone per ogni reggimento viene dotato di lancia.
Progressivamente quest'arma, estremamente efficacenelle cariche e non più
adoperata dal medioevo, torna ad essere assegnata a tutti gli squadroni,
unitamente alla sciabola e al pistolone (una specie di moschetto a canna
corta) da appendere alla rangona (bandoliera) in sostituzione delle due
pistole da sellasettecentesche. La banderuola a due punte della lancia, che
è originariamente rossa con croce bianca sabauda al centro, diviene tutta
azzurra ed ancor oggi in cerimonie e ricorrenze, la cavalleria usa la lancia
con la banderuola dello stesso colore L'impiego operativo dell'arma nelle
prime campagne risorgimentali è assai frequente. sovente in prima linea
anche in appoggio ed a difesa di altri corpi. Le azioni di particolare
rilievo e di valore militare vengono attestate, anche attraverso le
ricompense collettive che l'Arma si è meritata. Le esperienze di tali
campagne dimostrano come terreni particolarmente sfavorevoli, per la loro
compartimentazione dovuta a culture, canali, boschine, ecc., come quelli del
Lombardo - Veneto, siano poco idonei a massicci complessi di cavalleria e
quanto sia importante l'attività delle unità leggere, soprattutto in
funzione esplorativa. In seguito a queste considerazioni, i nove reggimenti
esistenti nel 1850 si ripartiscono in cavalleria di linea, costituita dai
primi quattro reggimenti, i più antichi, che mantengono invariati
l'armamento e l'uniforme e in cavalleria leggera o cavalleggeri, che meglio
si adattano alle diverse necessità ambientali od operative, rappresentata
dagli altri cinque. I cavalleggeri sostituiscono la lancia con il moschetto
e l' elmo con il kepì, adottando come distintivo anziché l'intero colletto
colorato, le fiamme a tre punte, tipiche da allora della cavalleria. Da
questo periodo la lancia diviene il principale, anche se non assolutamente
vincolante, elemento distintivo dei reparti più idonei all'intervento a
massa nel combattimento. Nel 1855-1856 il comando e lo Stendardo di
"Alessandria" sono alla testa di un reggimento di cavalleggeri provvisorio,
inviato dal sapiente intuito di Cavour in Crimea, e formato con squadroni
forniti da tutti e cinque i reggimenti cavalleggeri. Il loro impiego è
limitato dal tipo di guerra ossidionale e dalla falcidia che la nota
epidemia di colera determina nel corpo di spedizione. Con la seconda guerra
d'indipendenza si riprende il cammino, seguendo il corso del Po, verso
oriente. A Montebello il 20 maggio 1859 si distinguono "Novara", "Aosta" e
"Monferrato", che riescono, con ripetute cariche a rallentare l'avanzata di
una grossa formazione austriaca che procede verso Voghera, favorendo
l'azione di una divisione alleata francese che l'arresta definitivamente. In
seguito a questo fatto particolarmente degno di essere ricordato, viene
formata una nuova unità, "Montebello" l'unico reggimento ad essere chiamato
con il nome di un combattimento. Importante è l'azione che "Alessandria"
svolge sulla Sesia, a Palestro ed a Borgo Vercelli, così come quella di
"Monferrato" a San Martino. Le "Guide" di Garibaldi si segnalano nel corso
delle operazioni che da Varese portano alla Valtellina. Man mano che, con le
successive annessioni, il regno di Sardegna si fa più consistente, si
formano reggimenti nuovi, con l'incorporazione di alcune unità militari
degli stati annessi, (Lombardia e Lega dell'Italia Centrale), o attraverso
volontari, o ancora, per coscrizione, assumendo i nomi di grandi città, in
prevalenza capoluoghi di provincia. che passano sotto la giurisdizione del
regno, divenuto ormai d'Italia, anche a seguito delle annessioni
meridionali.
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