LA PARATA CDI MARCO CAVALLO - FESTIVAL INCANTI
Torino, 2 Ottobre 2022
Una grande inaugurazione della 29° edizione di Incanti – Rassegna Internazionale di Teatro di Figura un giocoso Saturnale animale, a partire dall’immagine di Marco Cavallo, omaggio a Giuliano Scabia ( poeta, narratore e drammaturgo ). Simbolo della libertà e della chiusura dei manicomi, il progetto Marco Cavallo nacque nel manicomio di Trieste, nel 1973, sotto le direttive di Franco Basaglia.
La Storia
Nel giugno del 1972, i ricoverati dell'ospedale psichiatrico di Trieste inviarono una lettera al Presidente della provincia di Trieste Michele Zanetti[4] con un appello per la sorte del cavallo "Marco", un cavallo reale che dal 1959 era adibito al traino del carretto della lavanderia, dei rifiuti e del trasporto di materiale vario nel manicomio. Il testo, scritto in prima persona come fosse redatto dal cavallo, ne chiedeva in luogo della prevista macellazione, il dignitoso "pensionamento" all'interno della struttura, per "meriti" lavorativi e per l'affetto che sia il personale che i pazienti nutrivano verso l'animale. In cambio si offriva il versamento di una somma pari al ricavato della vendita dell'animale per la macellazione, e il mantenimento a proprie spese per tutta la restante vita naturale. Il 30 ottobre dello stesso anno la Provincia di Trieste accolse la richiesta, stanziando l'acquisto di un motocarro in sostituzione del cavallo, che veniva appunto ceduto e affidato alle cure dei pazienti residenti nel manicomio[5].
Questa prima favorevole accoglienza delle autorità di una richiesta diretta da parte di ricoverati di un manicomio, allora privati dei diritti civili, venne vista come una apertura e un'occasione verso un possibile riconoscimento della loro dignità personale. L'artista Vittorio Basaglia, cugino dello psichiatra Franco ideò il progetto della realizzazione di un cavallo di legno e cartapesta di dimensioni monumentali che prendesse spunto da questo fatto di cronaca reale e potesse diventare il simbolo della fine dell'isolamento dei malati mentali, un "cavallo di Troia" che potesse invece essere contenitore delle istanze di libertà e umanità dei malati mentali
La realizzazione fu affidata ai laboratori artistici già presenti all'interno dell'Ospedale psichiatrico. I pazienti non si occuparono direttamente della costruzione, ma vennero coinvolti nell'opera di realizzazione dei contenuti artistici e immaginifici da inserire nell'opera. I pazienti dunque decisero il colore azzurro, simbolo della gioia di vivere e decisero che la "pancia" del cavallo dovesse contenere i loro desideri, sogni e istanze.
Un grosso problema sorse in occasione della prima esibizione nel marzo 1973. Costruito all'interno della struttura, non si era tenuto conto delle dimensioni monumentali dell'opera e nessuna delle porte dell'ospedale era sufficientemente grande da permetterne l'uscita. La difficoltà oltre che logistica, causò la profonda frustrazione dei pazienti, dato l'evidente e immediato paragone con il loro stato di reclusione forzata, dovuta alle allora vigenti leggi ospedaliere in merito ai malati mentali. L'impasse venne risolta lanciando il cavallo contro una delle porte, causando la rottura delle vetrate e di un architrave, ma permettendo l'uscita dell'installazione e la rottura anche del muro reale e simbolico fra il "dentro" e il "fuori".
Foto Renato Valterza
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