Gli scoiattoli del Valentino
Da qualche anno una sempre più numerosa colonia di scoiattoli grigi si può
incontrare camminando nei viali del Parco del Valentino. Devono essere
scoiattoli istruiti e sicuramente devono aver letto dei loro cugini
newyorkesi, infatti si stanno organizzando per far sempre più assomigliare
il Valentino al Central Park. Sono molto confidenti e per una noce o una
nocciolina rinunciano volentieri alla loro diffidenza (ammesso che davvero
esista) e ti vengono davanti a pochi metri a chiedertela. E' sempre più
facile incontrare lungo i viali del Valentino qualcuno a spasso con un
sacchetto di noci o di noccioline ed è sempre più facile vedersi
attraversare la strada da questi simpatici e vivacissimi folletti che sono
costantemente in lotta con le cornacchie che cercano di portar via loro le
noccioline e che fanno letteralmente impazzire i cani che inutilmente e
forse per gioco li rincorrono e che inevitabilmente restano a guardarli da
sotto in su con un palmo di naso quando loro si arrampicano rapidamente
sugli alberi.
Ed è sicuramente una gran conforto per tutti
quelli che erano stati educati a considerare la natura e la città come
concetti in contrapposizione.
Nelle città della mia infanzia era
sicuramente così. Nelle città della mia infanzia c'erano prati in periferia.
I prati in periferia erano il retro degli stabilimenti. Il retro degli
stabilimenti erano il confine delle città della mia infanzia. Oltre il
confine c'erano ancora alcune cascine (quelle che sarebbero poi diventate
discariche o autodemolizioni o accampamenti gitani negli anni successivi.
Oltre c'erano i prati dove timidamente occhieggiavano le poche prostitute di
allora (se paragonate a quante ne trovi ora) e dove pascolava ancora qualche
inquinata mucca o pecora. Ricordo addirittura gli ultimi cavalli da tiro.
Ancora le città erano contornate da qualche orto, ma pochi perchè tutti i
posti stavano diventando rapidamente città e davvero in pochi anni si
sarebbe potuto dire “là dove c'era l'erba ora c'è una città”. Un po'
per volta sparirono gli orti e i prati e le mucche e i cavalli, mentre
aumentarono a dismisura le case, le fabbriche, le discariche e le puttane.
Poi spuntò anche qualche aberrante parco incastrato fra una tangenziale e
uno sterminato alveare di case popolari e prima che diventasse centrale di
spaccio fu giardino dei sogni per i figli degli immigrati che sognavano di
diventare campioni del pallone.
Ma soprattutto ricordo un piccolo bar, dove
finiva la città, che si chiamava “Antico Cacciatore” dove alla domenica
mattina si riunivano veramente i cacciatori e di li – attraversato l'ultima
strada di periferia - si inoltravano nelle campagne armati di tutto punto.
Non ho mai saputo quale fosse l'esito di quelle battute di caccia, ma in
un'epoca ancora priva di ogni regolamento e profondamente ignorante circa le
tematiche ecologiste penso che si risolvessero in un gran sparare a tutto
quello che si muoveva, in inutili stragi.
Nelle città della mia infanzia c'erano ancora
gli zoo ed era anche l'unico posto dove si potessero vedere gli animali, ma
quelli strani, quelli esotici, quelli così alieni da non sembrar neppure
veri. Sicuramente non quelli che invece ci si sarebbe potuto aspettare di
incontrare davvero. Così nelle città dalla mia infanzia gli animali
veramente esotici e impossibili da incontrare erano proprio quelli che
avrebbero dovuto essere i più comini.
Poi ritornarono, forse inaspettatamente, ma
ritornarono. Ricordo ancora che i primi furono gli aironi che tornarono a
nidificare sulle rive del Po dopo Chivasso. L'evento fu talmente eccezionale
che ne scrissero tutti i giornali. Furono lasciati tranquilli e in pochi
anni ripopolarono le rive di tutti i fiumi torinesi risalendole fino ad
installarsi profondamente nel tessuto urbano. Oggi il loro areale arriva
praticamente fino in centro alla città.
Per fortuna una nuova cultura stava nascendo,
improntata ad un maggior rispetto e ad una miglior conoscenza della natura.
E così oggi la natura sta tornando fra le nostre case: gli scoiattoli sono
solo gli, ultimi per ora. Gli uccelli soprattutto sono ritornati in una gran
varietà di specie dagli uccelli acquatici (aironi, garzette, cormorani e
diverse specie di anatre e rallidi) ai magnifici rapaci notturni o diurni
che popolano i boschi dalla collina e che scendono spesso a caccia sulla
città, a una gran varietà di uccelli delle campagne e dei boschi che si è
reinstallata nei giardini pubblici e privati della città. Ma anche altre
specie si stanno riavvicinando all'ambiente urbano approfittando dei vasti
parchi della città. Per esempio è relativamente facile avvistare nottetempo
qualche volpe aggirarsi nei corsi che costeggiano il Parco della Colletta e
sono stati avvistati ripetutamente alcuni cinghiali nei prati attorno a
corso Allamano, come pure alcune aiole spartitraffico della città sono
diventate le residenza abituale di mini lepri e conigli selvatici.
So che non è così in tutte le città, so che
Torino è una città fortunata anche per questo aspetto, ma soprattutto so che
in giro per il mondo maggiore è il livello di civiltà e di cultura, maggiore
è il rispetto per la natura e maggiore è la confidenza che gli animali
selvatici riescono ad avere verso l'uomo. Ed è una grande strada quella che
abbiamo intrapreso, una strada che va proseguita e ampliata.