Notti veneziane, notti dove si scrivono regole per realtà
differenti.La luna piena di Ferragosto che
luccica sul bacino di San Marco facendo un po' a gara con le luci degli
ormeggi delle gondole, i due gondolieri seduti sulla panchina che parlano
fra loro sorseggiando una birra, aspettando clienti nella sera tiepida. E
poi quell'altro mare, quello ondeggiante dei turisti che riempiono le rive
ed i ponti, che si bevono la poesia di San Giorgio illuminata, proprio li di
fronte, che tentano improbabili foto notturne alla luna col flash delle
compatte, forse ipnotizzati dalla musica che arriva dai locali della piazza.
Musica sobria, per carità, rigorosamente “evergreen”, suonata da
orchestrine molto, molto distinte, all'altezza di locali da 50 euro per un
caffè o giù di li. Ci sono anche i ragazzi di Prévert, quelli che si amano,
quelli che “si baciano in piedi contro le porte della notte”. E'
perfetto! (o “?”) Mah! Indubbiamente suggestivo, ma chissà perchè mi sembra
solo una scenografia ben concepita: manca il silenzio, manca la magia; è
come se mancasse l'essenza misteriosa di questa Venezia, quell'essenza che
qui sfugge, della quale solo un pallido riflesso appare negli occhi vuoti
delle maschere “veneziane”, ma rigorosamente d'importazione, esposte a
decine sulle bancarelle di souvenir.
Già va meglio fra i ragazzi di Santa
Margherita che ci siedono intorno sui bassi scalini e con cui passiamo parte
delle notti ridendo, mentre impazza un fasullo carnevale fuori stagione,
scambiando storie e memorie, assaporando gioia, spensieratezza. Quanto sono
belli con la loro gioventù, quanto sono scintillanti quegli occhi ancora
curiosi e avidi di sogni! Magia è la sintonia che si crea fra loro, ancora
giovani fuori e noi che - un po' meno veloci a rialzarci dal basso scalino -
riusciamo con loro a guardare a domani, parlando lingue sconosciute e non
scritte, strutturate in una sintassi di entusiasmi, turbamenti e speranze.
Riconoscono, sanno comprendere e sanno farsi comprendere quando sentono (e
fanno sentire) che il cuore non ha l'artrosi, che l'animo ancora anela al
mistero.
Ma è camminando di notte, lungo canali
silenziosi, lungo calli sconosciute al flusso turistico, dove si affacciano
cancelli messi li a separare non un luogo, ma il tempo, che si inizia a
sentire la magia di Venezia. Quando incontro le maschere, quelle vere -
quelle che sono vere solo di notte - non hanno più gli occhi vuoti:
attraverso quelle fessure viene incontro il fruscio dei costumi delle dame
immerse in un quasi perpetuo carnevale, che è riuscito a scacciare i
fantasmi degli appestati negli angoli più remoti della laguna e a
trasformare in maschera irrisoria anche il “Dottore della peste”. Dalle
ampie finestre del palazzo aperte sul canale e sul campo antistante giunge
soffuso l'eco di un minuetto che si mescola con la risata argentina della
ragazza del popolo intenta ad amoreggiare nel basso di fronte (altra magia
veneziana la convivenza da sempre fianco a fianco di nobili e popolani).
Ed è camminando in questa ipnosi atemporale
che arrivo di fronte al ponte.
Ed ora qui, seduto sudato in questa torrida,
ma limpidissima notte d'agosto, rivedo la nebbia del canale - di questo
canale fra i tantissimi di questa città - e questo ponte - proprio questo -
che ci comparve davanti quando tempo fa, passeggeri della notte, vagavamo
nella nebbia ed attraversandolo scorgemmo orizzonti che solo la nebbia può
svelare: quella nebbia delle notti d'inverno dalla quale anche i più grossi
battelli si materializzano d'improvviso, sfilano silenziosi per un attimo,
come apparizioni da altre dimensioni, per tornare subito a scomparire
nell'ovattato nulla.
La notte. La notte gelida e struggente.
I canali e la calli deserte attorno alla
Fenice, poche le parole perchè altre intese le superano e le rendono
inutili.
Nata sotto la magica luce dell'aurora
boreale, vissuta lungo gelide rive baltiche, lei è del tutto indifferente al
gelo della notte dicembrina.
Quando il vento ci sbatte in faccia la nebbia
e tutto si dissolve come in un bagliore, porta anche l'arcana melodia,
appena appena percepibile, non con l'udito, ma con l'istinto.
La magia è là, reale ed impalpabile: appena
qualche passo oltre il buio.
Buonanotte labirinto di sogni, buonanotte Venezia.