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Foto di FEDERICO © 2013
Un feroce
orso - o secondo un'altra versione un guerriero barbaro vestito di pelli al
punto da sembrare un orso - viene catturato nei boschi e condotto in catene
in paese. Per addomesticarlo gli si fanno bere litri e litri di vino
attraverso un imbuto. Sulla piazza del paese sarà proprio l'orso - ora
mansueto - ad aprire le danze con le fanciulle più belle del luogo, seguito
poi da tutti gli abitanti.
Riminiscenza di un antico culto, forse memoria di un fatto realmente
avvenuto e trasformato della narrazione popolare in favola o solo leggenda
questa singolare rappresentazione fa parte da sempre del folklore valsusino
e non è una rappresentazione carnevalesca nonostante venga inscenata nel
periodo del Carnevale. La prima domenica di Febbraio, la domenica più vicina
alla festa di Santa Brigida patrona della frazione Urbiano di Mompantero -
cui la tradizione rivendica il ruolo di aver ispirato i cacciatori – cade
sempre durante il Carnevale, ragion per cui i bambini che partecipano alla
rappresentazione sono vestiti con variopinti costumi e lanciano coriandoli e
stelle filanti.
La sera prima della festa e nella notte del Sabato, i bambini bussano alle
porte delle abitazioni del villaggio gridando a chi apre: “Fora l'ours”!
(Fuori l'orso) per riceverne in cambio dei dolci.
Se la tradizione fa riferimento al mito dell'Uomo Selvaggio e alle leggende
degli uomini-orso , la presenza nell'antichità di questi plantigradi viene
confermata dal riscontro nella geografia della valle di molti toponimi che
vi fanno riferimeno. Uno per tutti: il monte Orsiera, al centro del
magnifico Parco Naturale omonimo che si estende sui crinali delle tre
vallate contigue: la Val di Susa, la Val Chisone e la Val Sangone.
La leggenda degli uomini-orso
Chiamati anche Berserchi, erano, nell'antica
tradizione germanica, guerrieri vestiti di pelli d’orso. Dopo essere entrati
in uno stato di trance, riuscivano a combattere fino allo stremo e con forza
sovrumana. Probabilmente facevano parte di società culturali maschili nelle
quali, mascherandosi da orsi (accostamento dei termini propri dell'antico
nordico “Beri” e “Serkr” che significano rispettivamente “orso” e “veste”) e
praticando riti adeguati, credevano di trasformarsi in questi animali. La
credenza che indossando la pelle di un animale ci si possa trasformare in
esso era diffusa anche nelle regioni alpine, come dimostra la deposizione,
rilasciata l’11 Maggio 1645 davanti al Tribunale Provinciale di Rodengo, nei
pressi di Bressanone, da un uomo sospettato di stregoneria. Si tratta dello
stregone Mathias Peyer, detto Masticabrodo, il quale racconta del suo
succubo (spirito femminile che intrattiene rapporti sessuali con gli uomini)
di nome Belial: “Nel frattempo gli apparve il suo spirito Belial e gli
chiese se non gli sarebbe piaciuto essere un orso per poter mangiare la
carne, nel qual caso gli avrebbe dato una pelle d’orso. E poiché egli incitò
questo suo spirito non essendo affatto contrario all’idea, acconsentì
risolutamente a indossare la pelle d’orso (che era fatta così: davanti aveva
come delle mani e dietro come dei piedi, e mani e piedi avevano grossi
artigli come le zampe degli orsi). E subito assunse l’aspetto di un orso
[...] e abbatté e uccise molti buoi, ma non sapeva bene quanti, non
possedendo in quel periodo facoltà umane” . L’idea che l’uomo possa
trasformarsi in un animale selvatico, quale l’orso, il lupo, la tigre, è
arcaica ed è documentata non solo fra i popoli germanici, ma anche fra
quelli asiatici. Mentre in area germanica si crede al lupo mannaro, nelle
regioni asiatiche sono frequenti le leggende di “tigri mannare”, in cui si
racconta la trasformazione di uomini in tigri. Troviamo inoltre memorie di
rappresentazioni pre-animistiche nelle favole che parlano di uomini
dall’aspetto animalesco e di pelli d’orso.
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