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Foto By BEPPE © 2010
LA SINDONE PREPARATIVI E VISITA FOTO EVENTI
La Sindone è un lenzuolo di lino di colore giallo ocra, di forma rettangolare e dimensioni di circa 442x113 cm., il suo spessore è di circa 0,34 millimetri, il peso di circa 2,450 kg. Il lenzuolo è cucito su un telo di supporto, pure di lino, delle stesse dimensioni.
In corrispondenza di uno dei lati lunghi il
telo è stato tagliato e ricucito per tutta la lunghezza a una decina di
centimetri dal margine.
Il lenzuolo è tessuto a mano con trama a spina di pesce e con rapporto
ordito-trama di 3:1.
Sono chiaramente visibili sulla Sindone i danni provocati da alcuni eventi
storici: i più vistosi sono le bruciature causate da un incendio nel 1532,
disposte simmetricamente ai lati dell'immagine in quanto il lenzuolo era
conservato ripiegato più volte su sé stesso e le bruciature riguardarono gli
spigoli del fagotto di tessuto ripiegato. Le bruciature più grandi sono dei
veri e propri fori di forma approssimativamente triangolare: fino al 2002
questi erano coperti da rappezzi che poi sono stati rimossi (contestualmente
è stato sostituito il telo di supporto originale, applicato nel 1534, con un
altro più recente).
Il termine "sindone" deriva dal greco σινδών (sindon), che indica un tessuto
di lino di buona qualità o tessuto d'India. Il termine è ormai diventato
sinonimo del lenzuolo funebre di Gesù.
Le esposizioni pubbliche della Sindone sono chiamate ostensioni (dal latino
ostendere, "mostrare"). Le ultime sono state nel 1998, 2000 e 2010:
quest'ultima è ora in corso, iniziata il 10 aprile, la conclusione è fissata
al 23 maggio.
Secondo i racconti dei vangeli, dopo la sua morte il corpo di Gesù fu
deposto dalla croce, avvolto in un lenzuolo (sindone) con bende e trasposto
nel sepolcro. Luca e Giovanni menzionano i tessuti funebri anche dopo la
risurrezione. Della sindone evangelica non viene fornita alcuna descrizione
circa dimensioni, forma, materiale; viene però indicato che fu utilizzato un
telo per il corpo e un fazzoletto (sudario), separato, per la testa. Non è
presente alcun accenno o riferimento circa la formazione di un'immagine su
un qualche tessuto.
È ipotizzabile che il telo e il sudario siano stati conservati dalla
primitiva comunità cristiana, vi sono indizi in questo senso in alcuni
documenti antichi e tenuti nascosti a causa delle persecuzioni e delle
credenze giudaiche che ritenevano impuri gli oggetti venuti a contatto con
un cadavere.
STORIA DOCUMENTATA (dal 1353)
Lirey
La prima notizia riferita con certezza alla Sindone che oggi si trova a
Torino risale al 1353: il 20 giugno il cavaliere Goffredo (Geoffroy) di
Charny, che ha fatto costruire una chiesa nella cittadina di Lirey dove
risiede, dona alla collegiata della stessa chiesa un lenzuolo che, per sua
dichiarazione, è la Sindone che avvolse il corpo di Gesù[34]. Egli non
spiega però come ne sia venuto in possesso.
Il possesso della Sindone da parte di Goffredo è comprovato anche da un
medaglione votivo ripescato nel XX secolo nella Senna, conservato al Museo
Cluny di Parigi: su di esso sono raffigurati la Sindone (nella tradizionale
posizione orizzontale con l'immagine frontale a sinistra), le armi degli
Charny e quelle dei Vergy, il casato di sua moglie Giovanna.
Alcune notizie su questo periodo ci vengono dal cosiddetto "memoriale d'Arcis",
una lettera indirizzata nel 1389 da Pietro d'Arcis, vescovo di Troyes,
all'antipapa Clemente VII (che era riconosciuto in quel momento in Francia
come papa legittimo) per protestare contro l'ostensione organizzata in
quell'anno da Goffredo II, figlio di Goffredo. D'Arcis scrive che la Sindone
era stata esposta una prima volta circa trentaquattro anni prima, quindi nel
1355 (alcuni storici propendono invece per la data del 1357, dopo la morte
di Goffredo, ucciso in battaglia a Poitiers il 19 settembre 1356) e che il
suo predecessore, Enrico di Poitiers, aveva aperto un procedimento contro il
decano per via di sospetti sull'autenticità del telo, e come conseguenza
questo era stato nascosto perché non potesse essere sequestrato ed
esaminato. I teologi consultati da Enrico di Poitiers, aggiunge, avevano
assicurato che non poteva esistere una Sindone con l'immagine di Gesù,
perché i Vangeli ne avrebbero sicuramente parlato, ed inoltre un pittore
aveva confessato di averla dipinta; ma d'Arcis non ne indica il nome
(peraltro oggi si sa che l'immagine sindonica non è dipinta).
Sul memoriale d'Arcis sono però stati sollevati dubbi. Non si conoscono
altre conferme che Enrico di Poitiers abbia effettivamente aperto
un'inchiesta; in una sua lettera a Goffredo di Charny del 1356 non fa alcun
cenno alla Sindone. Alcuni storici suggeriscono che Pietro d'Arcis volesse
far dichiarare falsa la Sindone perché essa attirava i pellegrini a Lirey,
facendo così calare le entrate della cattedrale di Troyes; proprio nel 1389
il tetto di quest'ultima era crollato e la sua ricostruzione richiese
certamente molto denaro.
Goffredo II invia a sua volta un memoriale di segno contrario, e nel 1390
Clemente VII decreta una soluzione di compromesso, emanando 4 bolle: da una
parte è autorizzata l'esposizione della Sindone a patto che si dichiari che
si trattava di una pictura seu tabula, cioè un dipinto ("si dica ad alta
voce, per far cessare ogni frode, che la suddetta raffigurazione o
rappresentazione non è il vero Sudario del Nostro Signore Gesù Cristo, ma
una pittura o tavola fatta ad imitazione del Sudario"). Già alcuni mesi
dopo, tuttavia, forse dopo aver ricevuto ulteriori informazioni, egli
sostituisce questa espressione con la formula figura seu representacio, che
non esclude l'autenticità. Dall'altra, a Pietro d'Arcis è vietato di parlare
contro la Sindone, pena la scomunica[30].
Alcuni anni dopo scoppia una disputa per il possesso della Sindone: il conte
Umberto de la Roche, marito di Margherita di Charny, figlia di Goffredo II,
verso il 1415 prende in consegna il lenzuolo per metterlo al sicuro in
occasione della guerra tra la Borgogna e la Francia. Margherita si rifiuta
poi di restituirlo alla collegiata di Lirey reclamandone la proprietà. I
canonici la denunciano, ma la causa si protrae per molti anni e Margherita
inizia ad organizzare una serie di ostensioni nei viaggi in giro per
l'Europa (intanto Umberto muore nel 1448). Nel 1449 a Chimay, in Belgio,
dopo una di queste ostensioni il vescovo locale ordina un'inchiesta, a
seguito della quale Margherita deve mostrare le bolle papali in cui il telo
viene definito una raffigurazione e come conseguenza l'ostensione venne
interrotta e lei venne espulsa dalla città. Negli anni successivi continua a
rifiutare di restituire la Sindone finché, nel 1453, la vende ai duchi di
Savoia. Successivamente, nel 1457, a causa di questi suoi comportamenti
viene scomunicata.
Chambéry
I Savoia conservano la Sindone nella loro capitale, Chambéry, dove nel 1502
fanno costruire una cappella apposita; nel 1506 ottengono da papa Giulio II
l'autorizzazione al culto pubblico della Sindone con messa e ufficio
proprio.
La notte tra il 3 e il 4 dicembre 1532, la cappella in cui la Sindone è
custodita va a fuoco, e il lenzuolo rischia di essere distrutto: un
consigliere del duca, due frati del vicino convento e alcuni fabbri forzano
i cancelli e si precipitano all'interno, riuscendo a portare in salvo il
reliquiario d'argento che era già avvolto dalle fiamme. Alcune gocce
d'argento fuso sono cadute sul lenzuolo bruciandolo in più punti.
La Sindone è affidata alle suore clarisse di Chambéry, che la riparano
applicando dei rappezzi alle bruciature più grandi e cucendo il lenzuolo su
una tela di rinforzo. Nel frattempo, poiché si è diffusa la voce che la
Sindone sia andata distrutta o rubata, si tiene un'inchiesta ufficiale che,
ascoltate le testimonianze di coloro che hanno visto il lenzuolo prima e
dopo l'incendio, certifica che si tratta dell'originale. La Sindone viene di
nuovo esposta pubblicamente nel 1534.
Nel 1535 il ducato di Savoia entra in guerra: il duca Carlo III deve
lasciare Chambéry e porta con sé la Sindone. Negli anni successivi il
lenzuolo soggiorna a Torino, Vercelli e Nizza; soltanto nel 1560 Emanuele
Filiberto, successore di Carlo III, può riportare la Sindone a Chambéry,
dove rimane per i successivi diciotto anni.
Torino
Dopo aver trasferito la capitale del ducato da Chambéry a Torino nel 1562,
nel 1578 il duca Emanuele Filiberto decide di portarvi anche la Sindone.
L'occasione si presenta quando l'arcivescovo di Milano, San Carlo Borromeo,
fa sapere che intende sciogliere il voto, da lui fatto durante l'epidemia di
peste degli anni precedenti, di recarsi in pellegrinaggio a piedi a visitare
la Sindone. Emanuele Filiberto ordina di trasferire la reliquia a Torino per
abbreviargli il cammino, che San Carlo percorre in cinque giorni.
La Sindone, però, non viene più riportata a Chambéry: da allora resterà
sempre a Torino, salvo brevi spostamenti. Nel 1694 viene collocata nella
nuova cappella appositamente costruita, edificata tra il Duomo e il Palazzo
reale dall'architetto Guarino Guarini: questa è tuttora la sua sede.
Nel 1706 Torino è assediata dai francesi e la Sindone viene portata per
breve tempo a Genova; dopo questo episodio non si muoverà più per oltre
duecento anni, rimanendo a Torino anche durante il periodo dell'invasione
napoleonica. Solo nel 1939, nell'imminenza della Seconda guerra mondiale,
viene nascosta nel santuario di Montevergine in Campania, dove rimane fino
al 1946; questo è a tutt'oggi il suo ultimo viaggio.
Manifesto commemorativo dell'ostensione del 1898
In occasione dell'ostensione pubblica del 1898, l'avvocato torinese Secondo
Pia, appassionato di fotografia, ottiene dal re Umberto I il permesso di
fotografare la Sindone. Superate alcune difficoltà tecniche, il Pia esegue
due fotografie e al momento dello sviluppo gli si manifesta un fatto
sorprendente: l'immagine della Sindone sul negativo fotografico appare "al
positivo", vale a dire che l'immagine stessa è in realtà un negativo. La
notizia fa discutere e accende l'interesse degli scienziati sulla Sindone,
iniziando un'epoca di studi che fino ad oggi non si è conclusa; ma non manca
anche chi accusa il Pia di avere manipolato le lastre.
Nel 1931 viene eseguita una nuova serie di fotografie, affidata a Giuseppe
Enrie, uno dei migliori fotografi italiani dell'epoca. Per evitare ulteriori
polemiche, tutte le operazioni vengono svolte in presenza di testimoni e
certificate da un notaio. Le fotografie di Enrie confermano la scoperta del
Pia e dimostrano che non vi era stata alcuna manipolazione.
Nel 1973 vengono effettuati i primi studi scientifici diretti, ad opera di
una commissione nominata dal cardinale Pellegrino. Una campagna di studi più
approfondita si svolge nel 1978, quando la Sindone viene messa per cinque
giorni a disposizione di due gruppi di studiosi, uno statunitense (lo STURP)
e uno italiano.
Nel 1983 muore Umberto II di Savoia, ultimo re d'Italia: nel suo testamento
egli lascia la Sindone in eredità al Papa. Giovanni Paolo II stabilisce che
essa rimanga a Torino e nomina l'arcivescovo della città suo custode.
Nel 1988 tre laboratori internazionali eseguono l'esame del carbonio 14: la
Sindone viene datata agli anni 1260-1390, ma il risultato viene contestato
da numerosi sindonologi.
Nel 1997 un incendio scoppiato nella cappella del Guarini mette di nuovo in
pericolo la Sindone. La Sindone, tuttavia, non fu direttamente interessata
dall’incendio poiché il 24 febbraio 1993, per consentire i lavori di
restauro della Cappella, era stata provvisoriamente trasferita (unitamente
alla teca che la custodiva) al centro del coro della Cattedrale, dietro
all’altare maggiore, protetta da una struttura di cristallo antiproiettile e
antisfondamento appositamente costruita.
Nel 2002 la Sindone viene sottoposta ad un intervento di restauro
conservativo: vengono rimossi i lembi di tessuto bruciato nell'incendio del
1532 e i rattoppi applicati dalle suore di Chambéry; anche il telo di
sostegno (la "tela d'Olanda") applicata nel 1534 viene sostituito. Il
lenzuolo inoltre viene stirato meccanicamente per eliminare le pieghe e
ripulito dalla polvere.
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