Up Carnevale del Lajetto Slideshow

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Foto di FEDERICO © 2013

 

 

 

 

 

 

 

 

Carnevale del Lajetto:

un gallo, tanti personaggi strambi, alcuni decisamente fuori dalle regole, un po’ di musica: questi gli ingredienti che ci riportano indietro nel tempo a significati arcaici legati al ciclo delle stagioni. Protagoniste di questo antico carnevale alpino sono le maschere chiamate in patois locale “Barbuire”, che oggi nulla hanno a che vedere con i travestimenti delle attuali feste carnevalesche in costume. Le Barbuire si dividono infatti in due gruppi: i belli (i due Arlecchini, il Monsù e la Tòta, il Soldato e il Dottore), con maschere eleganti, abiti ricercati e movenze posate, e i brutti (il Pajasso e le coppie di Vecchi e Vecchie), vestiti per lo più con abiti usurati e stracci, maschere sgraziate e barbute, con nasi lunghi e difetti accentuati.
Il corteo delle Barbuire, accompagnato dalla banda musicale, si snoda per le strette viuzze di Lajetto tra le danze degli Arlecchini, del Monsù e la Tòta, e gli scherzi delle coppie di Vecchi che intrattengono il pubblico con le loro allegre scorribande. Il Soldato e il Dottore accorrono in soccorso delle Barbuire quando queste, stremate o coinvolte in qualche disattenzione, si gettano a terra fingendosi morte: numerosi e curiosi sono i tentativi di rianimazione, ma l’unica "medicina" resta sempre e solo una dose di vino!
Tra tutte le Barbuire spicca il Pajasso (vestito con pelli e imbottito di paglia, da qui il suo nome in piemontese), che porta con sé un bastone alla cui sommità è legato un gallo: simbolo del carnevale, viene portato e agitato per tutto il percorso fin quando, arrivati ad un grande prato soprannominato “el Terahè”, viene appeso ad un albero e decapitato con un colpo di spada, decretando così la morte del carnevale stesso, la fine dell’inverno e l’arrivo della primavera, in un rituale di fecondità e prosperità per il nuovo anno.

 

 

 

 

 

 

 

 

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