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Foto: BEPPE © 2015



Cappella dei Mercanti

La Cappella dei Mercanti è il frutto del lavoro di frescanti, pittori, minusieri, doratori, scultori: al poco significativo aspetto architettonico si contrappone una straordinaria ricchezza decorativa che include grandi e bellissime tele, ricche cornici, statue, affreschi, oltre all’altare pregiato in marmi policromi, all’organo e ai banchi lignei.

Grazie ai libri dell’archivio della Congregazione è stato ricostruito il percorso della sua creazione, a partire dalla sua fondazione per volere di Padre Agostino Provana.

La Pia Congregazione dei Banchieri Negozianti e Mercanti nasce ufficialmente a Torino nel 1663 in seguito all’arrivo in città di numerose famiglie di mercanti di origine straniera, come gli Audifredi, commercianti in seta, i Barbaroux, i Barel di Lione, i Borbonese, i Dupré, i Martin, i Laurent, i Rasini. Da altre cittadine piemontesi giungono i Calandra, provenineti da Acceglio, cappellari del sovrano, i drappieri di Chieri Buschetti, i Gamba di Moncalieri, speziali e banchieri, i Gargano di Chieri, setaioli e banchieri, i mercanti Gianotti e Sclopis di Giaveno, solo per citarne alcuni. Fin dal 1634 tuttavia alcuni mercanti e banchieri si erano già riuniti in una Congregazione sotto il titolo della Madonna della Fede. Nella prima metà del XVII secolo a Torino la classe mercantile è sicuramente la più agiata, accanto ai nobili. Lo scopo della Congregazione è quello di sostenere i confratelli eventualmente caduti in disgrazia. Agli iniziali 15 confratelli del 1663, già nel 1665 se ne contano 65; a fine secolo sono 281. Le regole fondamentali della Congregazione, già in vigore fin dalla sua nascita, vengono messe per iscritto nel 1833: in particolare si tratta della S. Messa aperta a tutti nei giorni festivi e dell’elargizione di somme di denaro a favore di persone o Istituti religiosi bisognosi.

Nella Torino seicentesca i padri Gesuiti sono particolarmente attenti alla crescita del ceto mercantile, che individuano come punto di forza nello sviluppo all’interno della società, del nuovo modello di cattolicesimo riformato di cui sono i principali promotori. La congregazione torinese infatti, fin dall’anno della sua nascita viene, per opera degli stessi Gesuiti, aggregata alla congregazione primaria dell’ordine. Ai confratelli torinesi è concesso l’uso della cappella posta all’interno del collegio gesuitico di Torino.

Dopo trent’anni il rettore dei Gesuiti, padre Agostino Provana, decide di destinare ai confratelli una cappella più ampia, eretta a spese dell’ordine, all’interno del complesso dei Santi Martiri, sull’attuale via Garibaldi, all’epoca via Dora Grossa, la cui prima pietra era stata posta nel 1577, per opera di Pellegrino Tibaldi.

La Cappella, dichiarata «monumento nazionale» dal Ministero della Pubblica Istruzione nel 1910, viene eretta nel 1692: i Gesuiti avevano infatti fatto ricostruire il loro Collegio, attiguo alla chiesa dei Santi Martiri, su progetto dello stesso Provana, che da un anno era anche direttore della Pia Congregazione.

La cappella, inaugurata alla fine del 1692, viene concepita come un unico spazio rettagolare di venti metri per dieci, con la volta lunettata ornata dai bellissimi affreschi di Stefano Maria Legnani, in quegli anni impegnato anche nella decorazione di Palazzo Carignano e del Palazzo Provana (in via Corte d’Appello), a pochi passi dalla cappella. Le pareti della Cappella sono ritmicamente spartite dalla presenza di quadri inseriti in poderose cornici.

L’aula ha un aspetto riservato e sobrio nel suo insieme, secondo la diffusa tendenza nelle confraternite degli ordini predicatori a mantenere un carattere di segretezza e riservatezza, accentuato anche dall’accesso laterale e defilato, progettato da Bernardo Vittone nel 1769. Nel 1769 si rende necessario modificare l’accesso alla Cappella in seguito alla richiesta di Carlo Emanuele III di rettificare via Dora Grossa. La cappella viene allora collegata direttamente alla chiesa dei Santi Martiri e all’ingresso principale, mediante due gallerie ortogonali: la prima con accesso alla chiesa e alla sagrestia, la seconda, invece alla cappella, per mezzo di brevi rampe. Nel 1771 la Congregazione decide poi aprire una seconda porta, verso la contrada di Dora Grossa, per ottenere un ingresso indipendente. Questo viene in seguito murato e oggi ne resta solamente il portale in pietra grigia.

La Cappella viene intitolata, oltre che alla Madonna Santissima della Fede, anche alla Festa dell’Epifania.

Agostino Provana incarica della decorazione della volta il pittore milanese Stefano Maria Legnani detto Legnanino (qui aiutato dal fratello Tommaso), che nel 1695 conclude il lavoro, a spese della Compagnia del Gesù. Una piccola parte della somma spetta anche ai fratelli Grandi di Milano, che si occupano dell’impianto architettonico dipinto su cui Legnani inserisce le proprie figure. La collaborazione fra i “figuristi”, pittori specializzati nelle figure, e i “quadraturisti”, esperti nelle architetture illusionistiche dipinte, è propria del XVII e del XVIII secolo, quando si diffonde il gusto per la realizzazione di affreschi monumentali e decorativi in edifici profani o sacri.

Le quadrature dipinte, opera di artisti emiliani e lombardi, strettamente connesse alle scenografie dell’epoca, sostituiscono infatti cornici in stucco e intagli, generalmente realizzati in Piemonte dai maestri luganesi. I pittori Giovan Battista e Gerolamo Grandi erano originari di Varese, dove erano nati intorno alla metà del XVII secolo. Attivi soprattutto a Milano, creano nella cappella un grande cornicione mistilineo giallo sorretto da una complessa struttura barocca con colonne lisce dipinte a finto marmo, archi, mensole monumentali e volute. Agli angoli collocano medaglioni monocromi incorniciati da foglie dorate e retti da figure che appaiono come altorilievi in stucco. Tutta questa parte di decorazione viene realizzata con una prevalenza dei toni del grigio, tipica della loro produzione. Prima di lavorare a Torino, infatti erano stati impegnati al Sacro Monte di Orta, dove probabilmente avevano incontrato Legnani, attivo alla realizzazione della XVI Cappella, che avrebbe lasciato incompiuta, essendo stato chiamato a Torino da Provana.

 

 

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